The Toilet Man

«M’interesso del fondo dell’umanità, degli scarti umani» dice Jack ridendo. Ma non scherza: è vero, in tutti i sensi. Jack Sim, soprannominato The Toilet Man, è il fondatore della World Toilet Organisation, un’organizzazione non-profit focalizzata proprio su questo: le tecnologie, lo sviluppo, il design e tutto ciò che è collegato alle strutture igieniche là dove sono inefficienti o inesistenti. «La cosa più difficile, molto spesso, è rompere il tabù che circonda questo problema» dice Jack. «Spesso ci riesco dicendo: vuoi che gli altri vedano tua madre, o tua moglie o tua figlia mentre fa i suoi bisogni?».
Jack Sim
Jack Sim è stato uno dei protagonisti di un convegno che si è svolto a Singapore organizzato da Qi, un think-tank, un laboratorio, in cui studiano nuovi ecosistemi sociali, culturali, economici. Tutti rigorosamente sostenibili, ecologici, compatibili, equi, solidali. Vi hanno partecipato alcuni degli intellettuali più creativi che oggi operano in Asia. Ma quella di Jack è stata una delle relazioni più divertenti, interessanti e, soprattutto, illuminanti. Forse perché, anche per noi, quello della toilette – del cesso, scriviamolo – è un argomento tabù, imbarazzante. Forse perché non riusciamo a immaginare come si possa vivere senza un bagno. Non una doccia, un lavandino, una vasca. Senza un water, un cesso, appunto. Accade così, invece, a centinaia di milioni di persone che vivono negli slum e nelle aree rurali dei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. A molti di quelli che gli economisti, in questo caso senza sottintesi e in forma ben più asettica, definiscono BOP, con un acronimo che significa Bottom of the Pyramid. Il più grande e povero gruppo socio-economico del pianeta. Circa 2 miliardi e mezzo di esseri umani (secondo le stime più ottimiste) che vivono con meno di 2 dollari e mezzo il giorno.
Certo, proprio in occasione del convegno Qi Global sono stati presentati molti progetti per combattere la povertà: da quello di IIX Asia (Impact Investment Exchange Asia), una Borsa che permette la raccolta di capitali a imprese con obiettivo sociale, a quello della rubanisation, ossia la creazione di un nuovo modo di vivere in città rurali, le ruban, centri autosufficienti dove gli individui lavorano connessi alla famiglia e alla società, i villaggi del prossimo secolo, dove ricreare i valori comunitari
In questa linea di progetti s’inserisce anche l’ultimo rapporto dell’Unctad (United Nations Conference on Trade and Development), secondo cui la ICT, ossia la Information and Communication Technology, può rivelarsi una formula per produrre ricchezza in paesi a basso livello di istruzione ed economia (per scaricare il rapporto completo clicca qui). Mettendo assieme ruban e ICT, ad esempio, si possono prevedere microimprese delocalizzate che utilizzano Internet.
Prima, però, bisogna poter vivere in maniera decente. Magari con l’aiuto di Jack, The Toilet Man.
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