Le Signore in Rosso

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Mentre passeggiavo per una grande strada di Bangkok, a pochi passi dal palazzo del governo, una donna mi ha invitato a sedere sul marciapiede e mi ha massaggiato la schiena. Intanto un’altra signora mi rinfrescava con un ventaglio. Un’altra ancora mi ha portato da bere. Altre cinque o sei donne ridevano della mia faccia beata. “Mai pen rai”, non ti preoccupare “questa è la Thailandia” ha detto una di loro. Quelle donne, tutte vestite di rosso, facevano parte delle sessantamila persone che manifestavano contro il governo e in favore dell’ex premier Thaksin, deposto da un colpo di stato nel 2006 e oggi in esilio non si sa bene dove. Il ventaglio con cui mi sventolavano raffigurava la sua faccia. Quelle donne venivano dalle zone più povere del paese: l’estremo nord e l’Isaan, il nord-est. Una è una cuoca, un’altra ha un baracchino al mercato, una lavora per un’impresa di pulizie. E una, ovviamente, fa massaggi. Erano le tipiche rappresentanti dei “rossi”, come sono chiamati i manifestanti, per il colore delle magliette o dei cappellini che indossano. Nel loro caso il rosso non definisce una posizione di stampo comunista. E’ per contrapporsi ai “gialli”, oggi filogovernativi e in precedenza manifestanti essi stessi quand’era al potere il partito di Thaksin. I gialli rappresentano l’élite del paese, la borghesia di Bangkok, la nobiltà. I rossi sono le classi più povere, i contadini, i piccoli commercianti. I gialli sono favorevoli a una riforma che limiti la democrazia a favore di una dittatura benevolente e “illuminata”. I rossi sostengono una democrazia di stampo populista e molto spesso sono più che disposti a vendere il loro voto. E’ un’alternativa da filosofi della politica. Questa mattina, tra tutte quelle donne, mi sentivo molto populista.
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