Polli Rossi

Si materializza il disegno sulla maglietta dell’FCC, il Foreign Correspondent Club di Bangkok: un gruppo di reporter a bordo di un tuk tuk, il tradizionale triciclo a motore thailandese, che insegue un pollo. Una maglietta forse ideata ai tempi dell’aviaria, comunque significativa del fatto che a Bangkok le notizie d’interesse globale scarseggiano.
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Ora, al posto dei polli ci sono i “Rossi”, decine di migliaia di manifestanti che dal 13 marzo occupano Bangkok spostandosi da un quartiere all’altro per chiedere lo scioglimento del parlamento e nuove elezioni. E così ci si ritrova su tuk tuk, moto taxi o “embedded” nei pick-up dei rossi, per seguirne gli spostamenti. Di giorno in giorno, di ora in ora, diventano sempre più rapidi e imprevedibili, soprattutto dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza da parte del governo. “Una risata vi sommergerà” era un vecchio slogan della contestazione. Si applica perfettamente alla situazione thai, con qualunque colore la si voglia dipingere: il rosso dei “prai”, i contadini, il popolo manifestante, il giallo dell’ammat, l’elite dominante, il rosa, considerato beneaugurante per la salute del Re, di chi vuole esprimere un senso di thailandesità super partes, il blu di quelli che vogliono confondere lo scenario, il nero degli uomini del servizio d’ordine dei rossi, il verde dei soldati (definiti anche watermelon, angurie, versi fuori e rossi dentro). Basta che nel “paese del sorriso”, la risata non si spenga.
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