Il rischio dell'Icona
17/11/10 03:50 Filed in: Sud-est asiatico

Per il momento il governo birmano sembra aver raggiunto un obiettivo importante sulla via della legittimazione. Altro traguardo importante è quello di poter giocare su tavoli diversi. Non solo con Cina, Russia, l’India e Asean. Ma pure con Stati Uniti e Unione Europea. Ottimo risultato anche per le multinazionali che fanno affari con i militari birmani. Adesso sembrano un po’ meno sporchi.
Molto dipende dalla Signora. Deve provare le sue capacità politiche e diplomatiche. C’è già chi comincia a metterle in dubbio. Come se, il coraggio, la dignità, la fermezza morale dimostrati negli ultimi vent’anni a questo punto non fossero più sufficienti. Il simbolo è tale solo se agli arresti.
Diamole il tempo necessario. Ammesso che i generali glielo concedano. E può ottenerlo solo con una politica internazionale seriamente impegnata in questo teatro, che la riconosca come interlocutrice a tutti gli effetti.
Sono analisi che devono essere compiute. Freddamente. Altrimenti l’opportunità può trasformarsi in un limite. Il rischio è quello di una “tibetizzazione” della Birmania. O meglio, della sua opposizione. Che potrebbe essere l’obiettivo voluto dai generali. “Non stiamo parlando di una semplice dittatura militare” ha
scritto Lintner. “Questa è una dittatura che è divenuta esperta nel mantenimento del potere”.
Il rischio è che Aung San Suu Kyi divenga l’ennesima “icona” da t-shirt, canzoni rock, oggetto di marketing.
Un Che Guevara femminile, pacifico e con un fiore tra i capelli. Una sorta di santa laica paragonata a Mandela, Gandhi, il Dalai Lama, senza alcuna analisi delle differenze di contesto, storia, strategia, geopolitica.
Il rischio è che della Birmania ci si ricordi solo in occasione di qualche manifestazione della pace, di un megaconcerto.
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