Uomini, mezzi uomini...

Facciamo il gioco di Don Mariano, proviamo a suddividere gli uomini come fa quel vecchio Padrino ne Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia.

“Quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre”.

Come prima regola il giocatore deve mettere in gioco se stesso. Poi si può procedere. Jon Krakauer, il giornalista-scrittore noto per i libri-reportage come “Aria Sottile” e nelle “Terre Estreme”, si presta al gioco e si colloca tra i mezzi uomini o addirittura tra i “quarter men”, intendendo la metà di un mezzo uomo, ma forse pensando inconsciamente ai quarterback del football americano, tanto per mitigare i suoi limiti (il quarterback, in realtà, è l’Uomo più importante in campo).
Per Krakauer gli Uomini sono quelli come i protagonisti dei suoi libri. Specie l’ultimo: Pat Tillman, un campione di football che decise di partire volontario per l’Afghanistan. Dove venne ucciso dal “fuoco amico”. La sua storia è raccontata nel libro Dove gli uomini diventano eroi.
«Era un equilibrista tra gli opposti. Era pieno di contraddizioni e di dubbi ma li accettava. Riusciva a controllarli. Una volta scelta una via, la seguiva sino in fondo» mi dice Krakauer. Che poi cita Emerson: “Fai sempre quel che hai paura di fare”.
Come si vede è un gioco che può diventare molto pericoloso. Non si tratta di un rischio fisico. «Rischiare è facile, specie quando sei giovane» dice Krakauer, che lo ha fatto spesso e sull’Everest stava per concludere la sua avventura umana. Il pericolo vero è la confusione etica, il cedere all’hubris, perdersi in quel teatro delle ombre dove l’onore, il coraggio sono le maschere dell’arroganza, dell’egoismo. Dove gli uomini vorrebbero essere tali ma poco a poco scivolano nelle categorie inferiori. Quello che, secondo Krakauer, è accaduto al generale McChrystal, “uomo dalle capacità eccezionali, pronto ad aggirare le regole per ottenere risultati”, ma che si è lasciato contaminare dall’hubris sino al punto di insabbiare l’inchiesta sulla morte di Tillman per ambizioni personali.

È un gioco ancor più pericoloso per coloro che di quegli Uomini raccontano le storie: si muovono in territorio pieno d’insidie, dove bisogna costantemente camminare sul filo, in bilico tra demoni e suggestioni, dove è facile cadere nel moralismo e ancor più cedere all’eccesso. Come ha scritto Nietzsche: "Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro".

Accade così anche a Sebastian Junger, altro scrittore di reportage americano, noto soprattutto per La Tempesta Perfetta. Il suo ultimo lavoro è Restrepo, operazione multimediale che racconta in diretta un anno di vita di un plotone di soldati americani in un remoto avamposto afgano. Un lavoro potente, epico, di straordinaria complessità. Un’opera in cui si manifesta quello che il filosofo James Hillman ha definito un terribile amore per la guerra, dove ci si spinge dentro “lo stato marziale dell’anima”. Ecco perché Junger è stato accusato di scrivere della guerra “come se fosse una tempesta in mare, una forza della natura che si diffonde nel mondo per mettere alla prova la forza, il coraggio e l’intelligenza degli uomini. Una visione della guerra totalmente apolitica, una condizione senza tempo dell’uomo”.

Junger, ancor più di Krakauer, si presta a interpretazioni contraddittorie, addirittura inquietanti. Ma in entrambi danno prova di un giornalismo totale, senza se e senza ma. Alla fine né Krakauer, né Junger, né i loro mille volti dell’eroe possono essere incasellati nel gioco di Don Mariano. Forse è questa la vera soluzione del gioco. Non giocarlo.




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