La nave fantasma

C’è una nave fantasma. Un vecchio tramp steamer arrugginito, una di quelle navi che vanno dove trovano merci da caricare. Da mesi arranca nelle acque del sud-est asiatico aspettando un carico.
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Adesso è ancorata al largo di una lunga spiaggia che delimita una grande città. Dalla spiaggia, chi la osserva la vede come un elemento del panorama. Di notte si distingue solo qualche luce tremolante di un fuoco acceso in coperta.
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Anche gli uomini dell’equipaggio sono fantasmi. Anche loro sono tramp, vagabondi che si sono venduti per una paga di due dollari il giorno.
Da bordo guardano la costa, la spiaggia, la città. Vorrebbero sbarcare, sentire la sabbia, passeggiare tra quei palazzi, mangiare in uno dei locali di cui vedono le luci colorate. Magari avere una donna.
Ma non possono farlo, devono restare fantasmi. Se scendessero a terra, diventerebbero uomini. Anzi, sottouomini senza identità legale. Sarebbero messi in prigione e probabilmente ci resterebbero a lungo. Nessuno li rimanderebbe a casa. E perderebbero tutto quel poco che devono avere.
Ecco perché restano a bordo, fantasmi ammalati, affamati, disperati. Attendono che l’armatore li paghi, li faccia tornare a casa. Intanto sopravvivono pescando qualcosa.
C’è solo una donna, in carne e ossa lei, che può aiutarli. Lavora per organizzazioni di assistenza e tutela dei marinai. Ha portato a bordo acqua e riso e anche qualche barretta di cioccolato. E una scheda telefonica. Lei è la sola persona che può proteggerli da Mr. Lu, l’armatore. Un altro fantasma, ma cattivo. Non si fa vivo, se non con qualche messaggio al comandante. Vuole convincerlo a spostarsi altrove, dove potranno riparare la nave e ripartire con un nuovo carico. Ma in quelle acque non ci sarebbe più alcuna possibilità di aiuto esterno, di controllo. Senza contare che, per raggiungere altre coste, la nave potrebbe sparire su alti fondali.
Per ora quella donna e l’equipaggio sperano ancora che l’armatore si decida a pagare. Se non lo facesse, l’ultima alternativa sarebbe denunciarlo per traffico di esseri umani. In quel caso gli undici uomini a bordo della nave sarebbero rimpatriati. Ma tornerebbero a casa senza un soldo.

Questa è solo una delle tante storie di navi abbandonate, di equipaggi traditi, rimpiazzati da altri disperati. In questa storia non si citano nomi o nazioni, non appaiono sigle o bandiere. Perché ancora può andare a finir bene. Se dire bene ha un senso.
Intanto si sono concluse o stanno accadendo molte altre storie. Ci sono uomini che lavorano come schiavi sui pescherecci, quelli che scompaiono nel nulla. Nelle splendide acque del sud-est asiatico ci sono molte zone d’ombra.





Link.
The International Maritime Organization
The International Committee on Seafarers' Welfare
International Transport Workers' Federation
Apostleship of the Sea



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