Il Triangolo d’Oro fiorisce ancora

Chiang Saen. In questa città dell’estremo nord thailandese il Mekong forma un’ansa che si incunea nel Regno, segnando a est il confine con il Laos e a ovest con la Birmania. Delimita il territorio noto come “Triangolo d’Oro”. Il papavero da oppio cresce bene nel suolo alcalino di questo tratto di fiume. Secondo l’ultimo rapporto dell’Office on Drugs and Crime delle Nazioni Unite (UNODC) sembra destinato a rifiorire.
Sino al 1959 la produzione e il commercio dell’oppio erano monopolio di stato thailandese, in un gigantesco giro d’affari che coinvolgeva militari thai, signori della guerra birmani, reduci cinesi del Kuonmintang, l’esercito nazionalista di Chiang Kai-shek, ulteriormente alimentato dai movimenti di guerriglia comunisti e dalla CIA. La situazione si complicò negli anni Sessanta, quando l’oppio fu dichiarato illegale anche in Thailandia e con l’acuirsi dei conflitti in sud-est asiatico.
Negli ultimi vent’anni la produzione era calata grazie soprattutto alla riconversione delle colture in Laos e in Thailandia. Qui, poi, la cosiddetta guerra alla droga dichiarata dall’ex premier Thaksin Shinawatra aveva letteralmente decimato sia gli ettari di coltivazione sia i trafficanti e i produttori, con un bilancio di oltre 2500 esecuzioni extragiudiziali. Thaksin, deposto da un colpo di stato nel settembre 2006, oggi è sotto inchiesta per violazione dei diritti umani. Intanto la produzione d’oppio è aumentata di oltre il 20 per cento.
In realtà, secondo il rapporto dell’UNODC, il rifiorire dei campi di papaveri è determinato dalla concomitanza di due fattori: l’aumento del prezzo dell’oppio grezzo e la crisi economica (che da queste parti è anche alimentare). Tale congiuntura fa prevedere che il prossimo anno molti contadini, specie birmani, riprenderanno le antiche tradizioni. Con una differenza: a quanto sembra sono soprattutto i più giovani, addirittura gli adolescenti, a far ritorno ai campi.
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