Bad Boys

Sono tutti cattivi: ex tagliatori di teste o ex guerriglieri comunisti, signori della guerra e dell’oppio, trafficanti di eroina e metanfetamine, criminali delle Triadi cinesi e generali birmani. Sono i protagonisti della storia che si sta svolgendo nel settore birmano del Triangolo d’Oro e negli Stati Shan, al confine con la Cina. Una storia appena iniziata e che potrebbe trasformarsi nel detonatore di una crisi in tutta l’area.
Negli ultimi mesi il governo etnocratico birmano sta cercando di consolidare il proprio potere attaccando le minoranze più organizzate. E’ toccato prima ai Karen (perenni vittime sacrificali) e poi ai Kokang, di etnia cinese. I prossimi dovrebbero essere gli ex tagliatori di teste Wa, che controllano il traffico di metanfetamine in sud-est asiatico. E allora, come ha detto un osservatore locale, “si rischierebbe di aprire il vaso di Pandora”. Perché i Wa dispongono di un esercito di 25.000 uomini molto ben armati. Secondo la Jane’s Intelligence Review, la United Wa State Army (UWSA) ha acquistato un completo arsenale di ultima generazione prodotto in Cina. Ciò significha che il governo di Pechino non gradisce troppo un rafforzamento del regime birmano ai suoi confini. Senza contare che sino agli anni Ottanta sono stati i cinesi a sostenere e armare molti eserciti “etnici” sotto l’ombrello del partito comunista birmano. Una volta esaurita la spinta ideologica si sono convertiti al traffico di droga.

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Una parata dell’UWSA

I generali della giunta birmana, dal canto loro, sanno perfettamente che l’unico modo per mantenere il potere a lungo termine è di eliminare ogni spinta centrifuga e forse contano sul fatto che i cinesi siano disposti a sacrificare qualche decina di migliaia di “indigeni” pur di tenersi aperta la via per l’Oceano Indiano. Lo dimostra la tiepida reazione all’attacco contro i Kokang. Altra variabile di questo scenario è rappresentata dagli stessi Wa, che potrebbero cedere il controllo sul territorio pur di mantenere quello sul traffico di droga, i cui proventi sono investiti anche in Birmania (comprese molte strutture turistiche). Oppure potrebbero rinsaldare la fresca alleanza con gli Shan, loro storici nemici per il controllo dell’oppio.
Secondo alcuni osservatori, infine, i generali birmani vogliono affermare la loro “indipendenza” dalla Cina. Lo proverebbe il fatto che il Myanmar Times, settimanale che è la voce in lingua inglese del governo, abbia dato notizia della visita del Dalai Lama a Taiwan. In questa prospettiva i militari sarebbero in cerca di nuovi alleati. C’è chi fa il nome di Mahinda Rajapaksa, presidente dello Sri Lanka: il suo primo viaggio all’estero dopo la sconfitta delle Tigri Tamil è stata in Birmania e sembra che il generale Than Shwe, numero uno della giunta, abbia trovato illuminanti le sue idee circa la lotta alle minoranze.
Altri fanno notare l’entusiastica accoglienza che la giunta ha riservato al senatore americano Jim Webb, cui sembra rispondere una certa disponibilità dell’amministrazione Obama. Ma una ripresa delle relazioni con gli USA potrebbe avvenire solo nel caso la giunta proseguisse nella sua road map verso la democrazia (per quanto controllata). E questa può realizzarsi col pieno controllo del territorio.
Per i cattivi l’unica regola è che non ci sono regole.
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