Osservo il geco

E’ trascorso molto tempo dall’ultimo post. Ecco perché, in una piccola storia.P1010063
Osservo il geco. E’ immobile sotto la lampada che rischiara debolmente il tavolo. Piccolo, sembra di gomma. Non sposto le mani, cerco di restare immobile e continuo a osservarlo. Osservare un geco è utile: t’insegna l’attenzione, la pazienza, la percezione del territorio. Bisognerebbe osservare di più gli animali. Come facevano gli antichi saggi cinesi.
Poi, tra questi pensieri esoterici, mi viene in mente la frase del colonnello Kurtz in Apocalypse now: “Ho osservato una lumaca, strisciare lungo il filo di un rasoio, questo è il mio sogno, il mio incubo: strisciare, scivolare sul filo di un rasoio e sopravvivere”. L’inquietante pensiero mi distrae dal geco. Mi muovo impercettibilmente e lui schizza via dal tavolo, appostandosi sotto un’altra lampada sulla balaustra che mi separa dal corso del fiume. Riporto l’attenzione sul taccuino accanto a me, guardando le tre righe dell’haiku che ho scritto prima di fissarmi sul geco.
Umido dopo le
Piogge di fronte al
Tempio dell’alba.
Non mi tornano i conti, non riesco a far quadrare la metrica di cinque, sette e cinque sillabe. Non so per quale disfunzione mentale, mi riesce difficile la scansione sillabica.

Ci sono periodi, a volte lunghi, in cui le mie serate a Bangkok trascorrono così, come in questa piccola storia. In una locanda sul fiume, magari davanti a un piatto di granchio al curry e riso, sento di essere esattamente dove dovrei essere. Non so perché. E’ come se il finire del giorno mi faccia sperare. Il mattino mi fa paura, ha in sé l’idea di una giornata da trascorrere confrontandomi con i miei pensieri. In quei momenti serali, invece, avverto spesso un attimo di presenza mentale, il senso della sincronicità, la connessione fra eventi soggettivi e oggettivi che avvengono nello stesso tempo e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma un’evidente comunione di significato. Vedo le storie che vorrei fare. Che, spesso, il mattino dopo, svaniscono nelle mie incertezze. Nell’attesa che accada qualcosa.
Diceva il tenente Willard nella prima scena di Apocalypse Now: “Io volevo una missione, e per scontare i miei peccati, me ne assegnarono una”.
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