Quattro amici al bar

Un estratto dal quarto capitolo del libro di Ron Chepesiuk: “Sergeant Smack:The Legendary Lives and Times of Ike Atkinson, Kingpin, and His Band of Brothers”.
Per gentile concessione della Strategic Media Inc.
E’ una scena minore di una storia molto più complessa. Ma è uno scorcio sulla vita che animava la Bangkok di quegli anni.
Vi compaiono alcuni personaggi chiave di tutta la vicenda. William Herman Jackson, il Jack del bar, ex commilitone di Atkinson, suo complice d’affari nonché l’uomo che lo convinse a spostare il centro dell’attività a Bangkok. James Warren Smedley, altro ex militare, al tempo stesso manager del bar di Jack e importante membro della gang di Ike. Ultimo ma non meno importante (anzi) Luchai "Chai" Ruviwat, uomo d’affari sino-thai. Appare spesso come una figura in ombra, alcuni l’hanno definito “un fantasma”, ma sembra fosse l’uomo che aveva reso possibile il traffico d’eroina tra il Triangolo d’Oro e Bangkok. Qui, in fondo, appaiono come “quattro amici al bar”.

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La scena dell’intrattenimento di Bangkok rifletteva la situazione di tensione razziale in America e in Vietnam del tempo. Bianchi e Neri tendevano a metter le tende in quei bar la cui clientela era composta in prevalenza dalla loro stessa gente. «La segregazione che si stabiliva nei bar era determinata soprattutto dalla musica» ha ricordato Pete Davis, ex agente della DEA Nero che era stato assegnato alla sede di Bangkok nel 1971. «Se volevi sentire musica country andavi in un certo locale, per la musica soul in un altro. Se eri un Nero e volevi andare in un locale dove facevano country anche le stesse ragazze erano scostanti. Ti guardavano come per dirti ‘che ci fai TU QUI ?’”.

La segregazione innescava inevitabilmente tensioni razziali, specie riguardo le donne thailandesi. «Molti Thai consideravano una donna thailandese che usciva con un soldato americano, Nero o Bianco che fosse, come una puttana» ha detto Steve Jarrell, ex aviatore americano di stanza nella base di Utapao tra la fine dei ‘60 e primi anni ‘70. «Ma le stesse donne thai che andavano con soldato Bianco storcevano il naso quando vedevano altre ragazze Thai con i Neri. E viceversa. E così si era stabilita una forma di segregazione tra le donne Thai come tra i soldati americani».

A Bangkok i bar riservati esclusivamente ai soldati Neri erano pochi. “Soul Sister” era un grande spazio con una band dal vivo e un coffee-shop al piano superiore. Anche il “Whiskey Jazz” era a due piani, ma più piccolo. Il “La Fee’s” era diventato uno dei posti più frequentati, tanto che spesso i clienti avevano l’impressione di trovarsi in una scatola di sardine.

Jack e Chai, quindi, pensarono che un locale per Neri poteva essere un buon affare, ristrutturarono un edificio in Petchaburi Road e ci aprirono un bar nel giugno 1967. Per gratificare l’ego di Jake lo chiamarono Jack's American Star Bar. Sia Ike che Jimmy Smedley parteciparono come soci e ognuno dei quattro uomini investì nell’impresa 8000 dollari. Ike preferì restare un socio di capitale, mentre Jimmy decise di impegnarsi personalmente come manager. Una buona scelta, nonostante l’eccessiva passione per l’alcol, perché tutti lo vedevano come il classico veterano americano sempre pronto a far baldoria.

Peter Finucane, giornalista del quotidiano Bangkok Post dal 1967, descrive Smedley come un uomo simpatico, con una spalla sbilenca e con una faccia butterata su cui era stampato un perenne sorriso che l’aveva segnata da rughe d’espressione. «Jimmy si sedeva al bar di fronte alla porta per osservare tutti quelli che entravano» ha ricordato Finucane. «Aveva sempre un drink in mano e nessuno riusciva a capire che miscuglio fosse e chiunque glielo chiedesse lui non rispondeva. Era come un documento militare classificato segreto».

Finucane e John McBeth, suo amico e collega, erano due dei pochissimi Bianchi che frequentavano il bar. «Certe volte ci sentivamo un po’ a disagio e gli occhi puntati addosso» ha detto Mc Beth «Ma Jimmy si prendeva cura di noi e ci faceva sedere al bar. Era un tipo che teneva sotto controllo tutto quello che succedeva al Jack». Smedley confessava a tutti quelli che incontrava che, con l’apertura del Jack’s American Star Bar, aveva trovato un buon posto per vivere. Per nessuna ragione avrebbe voluto tornare a Saigon e riprendere a trafficare nel cambio di dollari e MPC (i Military Payment Certificates, certificati di pagamento militari).

Mentre Smedley si divertiva a intrattenere i clienti, Luchai si occupava di prevenire possibili guai e di scegliere le ragazze. Per legge in qualunque accordo commerciale bisognava avere un partner Thai. Questi, come nel caso di Chai, s’incaricava anche di tenere i contatti locali e serviva da intermediario nel caso gli altri soci avessero avuto qualche problema con le autorità…

Per Ike, sia i soldi investiti nel locale sia quelli che ci guadagnava erano spiccioli, dato che allora la truffa che aveva organizzato colcambio degli MPC andava a gonfie vele. Ma il fatto di essere socio del Jack gli dava un motivo legale – una copertura se preferite – per stare a Bangkok…

Per entrare al Jack’s American Star Bar i clienti dovevano varcare una pesante porta d’ingresso cigolante decorata con una grande stella rossa sulla destra. Al piano terra del bar c’era una pista da ballo dove le ragazze thai, alcune delle quali esibivano elaborate acconciature afro, ballavano con i clienti Neri al suono di musiche funky come i popolari motivi di “Funky Chichen”, “Rubber Legs” e “Mechanical Man”. Ogni tanto qualcuno si alzava in piedi e si metteva a cantare, se ne aveva voglia e coraggio. «Una delle cose più divertenti che ho visto al Jack è stato un piccoletto thai che avrà pesato 45 chili che cantava ‘Hot Pants’ di James Brown» ha ricordato Davis. «Gridava ‘Hot Pants!’ come fosse un annuncio e poi urlava ‘Yeow!’, cercando di imitare Brown».

Al secondo piano c’era un ristorante dove servivano il miglior cibo soul a est di Harlem. Un cliente poteva ingozzarsi di costine al barbecue, braciole di maiale, coda di maiale, zampetti e orecchie di maiale, interiora, pollo fritto, piselli dagli occhi neri e cavoli verdi sino alle prime ore del mattino. Smedley si vantava: «Serviamo tutto del maiale: dalla coda alle orecchie».

I clienti potevano bere sino a sbronzarsi con i liquori acquistati nei magazzini del locale U.S. Army PX (il Post Exchange dell’esercito USA, una specie di grande magazzino). Come ex militari Ike, Jack e Smedley potevano comprarli in quantità e a basso costo, evitando anche le tasse thai sugli alcolici. Nello stesso PX compravano sigarette e generi alimentari scontati. Per quanto riguardava le ragazze non c’erano problemi a reclutare giovani thai e convincerle anche a entrare in un’organizzazione di spionaggio interna, facendosi riferire tutto quello che le dicevano i soldati che andavano con loro.