La donna drago, il taoista e altri demoni

«Qui il clima per gli imprenditori è perfetto. Ma devi essere pronto ad assumerti i rischi. Non puoi sopravvivere da solo». Era uno dei discorsi davanti al mare e un drink sulla spiaggia del Knai Bang Chatt, boutique hotel di Kep, sulla costa meridionale della Cambogia. Kep, per la sua storia d’ascesa, decadenza, rinascita, è uno dei posti dove puoi rilassarti parlando del senso della vita, passando con nonchalance dai ricordi dell’orrore alla mondanità. Dove ogni conversazione è carica di sottintesi e le battute hanno spesso un senso macabro. «Se vuoi morire guardando il mare, allora guarda la foresta», dice il proprietario dell’albergo. Ma questa è una storia trascorsa.
Adesso Kep ne ha una nuova. Ha per protagonista l’ennesimo architetto francese. Ce ne sono passati molti, da Roger Colne, autore del casinò di Kep, che fu ucciso dai khmer rouge. Oggi Kep si è ripopolata di architetti che studiano le rovine delle sue ville moderniste, le ristrutturano, cercano un briciolo di fortuna o si godono quella conquistata nella Cambodia Redux.
L’architetto di questa storia si chiama Patrick-Henri Devillers, ha 52 anni, da sei vive in Cambogia, ha una moglie cambogiana che gli ha dato un figlio, abita a Phnom Penh in un palazzotto coloniale di due piani preso in affitto ed ha acquistato un piccolo lotto di terra a Kep, dove si è progettato e costruito un cottage in materiali naturali. Gira su un vecchio pick-up o su una bicicletta elettrica. E’ un uomo dall’atteggiamento tranquillo, tradito da un sorriso ironico, i capelli grigi, le spalle leggermente curve, un paio d’occhiali da lettura appesi a un cordoncino nero al collo.
«Lui non è un criminale che vive nell’ombra. E’ piuttosto un poeta» dice un suo amico. «E’ una persona dolce» assicura un businessman che ha lavorato con lui. Concorda con sarcasmo, suo padre, Michel Devillers. «Negli affari è un inetto. Lui è un artista».
Devillers, probabilmente, si sente più come uno di quei saggi erranti per l’Asia, ribelli alla tradizione e alla coercizione della consuetudine, che cercavano di affermare il valore dell’individualità. Erano i seguaci del Tao, i cultori del
Tao-te-king, il testo che raccoglie sentenze e pensieri di Lao-tze, uno dei venerabili che hanno elaborato quel sistema di pensiero nel VI secolo a.C.. E tale, un taoista, si definisce Devillers, citando a sua difesa una sentenza del Tao-te-king: “Non offrire al diavolo qualcosa a cui opporsi e lui sparirà”. Il problema è che deve far fronte a molti demoni, in particolare a quelli definiti “I diabolici di Chongqing», all’origine della sua attuale condizione. Perché Devilliers è stato arrestato il 13 giugno e sembra sia rinchiuso in un carcere vicino a Pochetong, l’aeroporto di Phnom Penh. E’ detenuto su richiesta del governo cinese per il possibile coinvolgimento in un omicidio collegato al più grande thriller politico della Cina dai tempi di Lin Biao, morto in circostanze misteriose dopo un fallito colpo di Stato contro Mao nel 1971.
I diabolici di Chongqing sono il “principe rosso” Bo Xilai e sua moglie Gu Kailai, coppia che sino a poco tempo fa assommava enorme potenza e ricchezza nella seconda potenza planetaria. Figlio di Bo Yibo, uno degli “Otto Immortali” (i fidati compagni di Mao), negli ultimi vent’anni Bo ha compiuto un’irresistibile ascesa: sindaco della città di Dalian, ministro del commercio, membro del Politburo, sindaco e segretario del partito di Chongqing, la più estesa metropoli cinese, popolata da quasi 34 milioni di persone. Bo sembrava destinato a salire ai vertici del potere e perseguiva un progetto politico neo-maoista. All’ascesa è seguita la repentina caduta. Il 15 marzo è stato rimosso da tutte le cariche, messo sotto inchiesta per “gravi violazioni disciplinari”. Il 10 aprile sua moglie Gu è stata arrestata con l’accusa di omicidio.
A questo punto bisogna fare un flash back al 15 novembre 2011, quando in un albergo di Chongqing viene scoperto il cadavere di Neil Heywood, 41 anni, cittadino britannico, socio in affari di Gu da oltre 10 anni. Heywood ha anche aiutato il figlio, Bo Guagua, a ottenere l’ammissione a una delle più prestigiose scuole inglesi. Secondo un primo referto è morto per un attacco cardiaco scatenato da abuso di alcolici. Per qualche strano motivo non si procede a ulteriori accertamenti e il corpo viene immediatamente cremato. Ma proprio questo, per investigatori iper-sospettosi come i cinesi, comincia a destare qualche sospetto. E la principale indiziata è Gu, donna di grande fascino e ambizione, nonché presunta amante di Neil.
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Per qualche tempo sembra che sia destinato a restare uno dei tanti misteri del potere. Finché, nel febbraio scorso, Wang Lijun, capo della polizia di Chongqing si presenta al consolato americano di Chengdu chiedendo asilo. A quanto si dice Wang si era spinto un po’ troppo oltre nelle sue indagini e temeva la reazione di Bo. L’uomo resta solo un giorno nel consolato prima che gli americani lo consegnino agli ufficiali del servizio di sicurezza cinese arrivati da Pechino. Intanto, però, ha rivelato i suoi sospetti su Gu Kailai e altre informazioni sugli affari intercorsi tra la famiglia e lo stesso Heywood. A quanto pare, Madame Gu avrebbe ordinato l’omicidio del suo amante perché questi avrebbe preteso una tangente troppo alta su un trasferimento di denaro all’estero. Come se tutto ciò non bastasse, Heywood non era un uomo d’affari come tanti altri. Aveva lavorato per l’Mi6, il servizio di spionaggio estero britannico, e aveva mantenuto rapporti di lavoro con una società privata d’intelligence popolata da ex agenti Mi6.
A quel punto il thriller diventa davvero politico, una mossa nell’interminabile gioco di strategia che ha per posta il potere in Cina. Si scoperchia un nido di vipere. Trapelano accuse di rapimento, tortura, estorsione, gestione di traffici illegali e prostituzione. Secondo un tabloid di Hong Kong, tra le donne che avrebbero concesso i loro favori agli uomini del clan di Gu ci sarebbe anche l’attrice Zhang Ziyi (che ha querelato il giornale). La ricordiamo nel film
La Tigre e il Dragone: delicata ma affilata, leggera ma ferrea, lo sguardo che sembra scandire lo spazio attorno, i capelli che appaiono come ala di corvo a incorniciare una pelle perfetta, una fisicità che rende credibili le magie del mito e della scena.
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Scene come queste, tuttavia, sono solo un contorno alla vicenda centrale: un quadro di corruzione, concussione, intrecci di potere degno degli ultimi giorni dell’impero Qing. Appare qui un altro degli interpreti principali, Xu Ming, businessman che ha legato le sue fortune a quelle di Bo Xilai e di cui non si hanno più notizie dalla fine di marzo, quando è stato arrestato. Nel 1993, quando Bo diviene sindaco di Dalian, Xu, poco più che ventenne, aveva appena aperto un’impresa per l’esportazione di gamberi. Nel 2004, quando Bo è nominato ministro del commercio, la società di Xu ottiene la licenza per l’importazione di greggio e petrolio raffinato. L’anno seguente la rivista
Forbes lo classifica come il quinto uomo più ricco della Cina.
Ed ecco che entra in scena il nostro gentile taoista, monsieur Devillers. E’ lui, che allora vive in Cina ed ha sposato l’erede di un’importante famiglia di Dalian, che fa da consulente a Bo per la ricostruzione della città. Ed è lui il partner della Signora Gu quando questa decide di aprire una società in Gran Bretagna destinata a selezionare gli architetti europei che avrebbero dovuto progettare le nuove cattedrali dell’economia cinese. Anche dopo aver lasciato la Cina ed essersi trasferito in Cambogia, Devilliers ha mantenuti stretti rapporti con loro. Nel 2006 lui e suo padre Michel – nonostante l’apparente disistima che questi ha per lui - hanno aperto la D2 Properties, società immobiliare con sede in Lussemburgo che, si dice, sarebbe servita anche come copertura per le esportazioni di capitali della Signora Gu.
Sono tutte operazioni che avrebbero messo in contatto Devilliers anche con Xu Ming e Neil Heywood. Ecco perché i cinesi sono tanto ansiosi di parlargli. Non è un caso, nota il Telegraph, che l’arresto di Devilliers sia avvenuto una settimana dopo la visita in Cambogia di He Guoqiang, membro del politburo cinese, nonché capo della Commissione disciplinare del Partito Comunista, uno degli artefici delle disgrazie di Bo. Dopo quella visita, il governo cinese, già il maggior creditore e finanziatore della Cambogia, ha ulteriormente incrementato la sua influenza con 430 milioni di dollari d’investimenti.
Forse non sono stati sufficienti, dato che il ministro degli esteri cambogiano Hor Namhong ha dichiarato che negherà l’estradizione di Devilliers se la Cina non fornirà prove sufficienti a dimostrare attività criminali. «Per quanto denaro la Cina possa mettere sul piatto, le elite cambogiane sono ancora legate alla Francia. Personalmente, sentimentalmente e finanziariamente. I loro soldi sono là» ha scritto Jean-Pierre Cabestan, specialista in relazioni franco-cinesi alla Hong Kong Baptist University.
E’ probabile, quindi, che Devilliers possa tornare a Kep a mangiare granchi al pepe guardando il mare. Se ciò accadrà, sarà difficile che possa godersi a fondo quei momenti. Il pensiero gli tornerà a Gu, la donna che forse è stata una delle sue numerose amanti.
Alla fine questa storia potrebbe avere un sequel con la ricomparsa o la scomparsa definitiva della Signora Gu, l’ultima delle Dragon Lady, donne asiatiche misteriose, ammaliatrici, a volte buone, più spesso crudeli, sempre potenti. Donne che nell’America anni Trenta sono state protagoniste di film d’avventura, romanzi e fumetti, ma che nelle loro incarnazioni storiche si sono manifestate in modo ancor più conturbante.
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Come Cixi, ossia “Materna e Propizia”, titolo conferitole alla morte dell’imperatore Xianfeng, nel 1861, quando riuscì a farsi proclamare imperatrice. La sua ascesa era iniziata quando era la concubina chiamata Piccola Orchidea. “Il labbro inferiore, dipinto di rosso, a forma di lacrima, sembrava una ciliegia”.
Come Soong May-ling, Madame Chiang Kai-shek, moglie del generalissimo che dominò la Cina per vent’anni. “Brillante, intrigante, incredibilmente sexy, deliberatamente affascinante, coraggiosa, corrotta, donna camaleonte”.
Come Jiang Qing, nome d’arte di Li Shumeng. Attrice convertita al comunismo, ultima moglie di Mao Zedong, forse fu lei a suggerire al Presidente la storica affermazione: “le donne reggono l'altra metà del cielo”. Nel 1976, un mese dopo la morte di Mao, fu arrestata con l’accusa di voler rovesciare il governo. E’ morta nel ’91, prigioniera, forse suicida, forse per mancanza di cure.
Quale sarà la sorte di Gu?