Confucius

In tutta l’Asia orientale è in programmazione il film Confucius, kolossal sulla vita del grande pensatore e politico divenuto l’icona della nuova Cina. Quarant’anni fa, durante la Rivoluzione culturale, la sua tomba fu profanata “per attestarne la morte certa”: un lasso di tempo che Confucio avrebbe ritenuto poco significativo.
L’uscita del film ha suscitato polemiche e infiniti commenti per la coincidenza con l’esclusione delle sale di Avatar. Un’interpretazione diffusa è che il film di Cameron fosse una parabola in difesa dei diritti umani e delle minoranze etniche. Confucius, invece, rappresenta in forma spettacolare l’aspetto più nobile della Cina, quello della “benevolenza”, della “società armoniosa”.
Difficile riconoscere una contraddizione apparente nella morale implicita dei due film. È questo che dovrebbe davvero indurre a una riflessione. Continuiamo a valutare concetti di etica e giustizia secondo i codici della nostra cultura, cristiana o socratica che sia. Il confucianesimo fa parte di un’altra logica, che i suoi nuovi discepoli applicano in modo totale. È seguendo questa stessa logica, del resto, che anche molti buddhisti arrivano a teorizzare una “dittatura illuminata”.
«In questa parte di mondo siamo lontani dall’idea di Do, ma è fortissima l’idea della morale» commenta un missionario cattolico.
«In tempo di guerra ci vogliono i generali. In tempi di disordini ci vogliono i pensatori» dice nel film il duca Ding, sovrano di Lu, per richiamare Confucio.
I cinesi lo hanno capito.

I trailer di Confucius





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