La banalità del male

Vecchi, brutti e cattivi. Sono i quattro imputati nel secondo caso della Corte Straordinaria istituita dall’Onu in seno ai Tribunali Cambogiani per giudicare i crimini del regime dei khmer rossi di Pol Pot.
Sono i leader ancora vivi dell’Angka, “l’organizzazione” che tra il 1975 e il 1979 trasformò la Cambogia in un inferno terrestre. In “quei 3 anni, 8 mesi, 20 giorni”, come qui definiscono quel periodo, in Cambogia morirono circa due milioni di persone, uccise dai khmer rossi, dalla fame o dalla fatica. Circa tre milioni furono costrette ad abbandonare le città per lavorare nei campi. Decine di migliaia sparirono nei campi di sterminio.
Quei vecchi sono: Khieu Samphan, 79 anni, allora formale capo di stato della Kampuchea Democratica; Nuon Chea, 84, l’ideologo dei khmer rossi; Ieng Sary, 85, il ministro degli esteri, e sua moglie, Ieng Thirith, 79, ministro degli affari sociali.
L’elenco delle accuse è agghiacciante: crimini contro l’umanità, genocidio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, persecuzione razziale e religiosa, tortura…e “altri atti inumani”.
Tutti si sono proclamati innocenti. Sary perché nel 1996 re Norodom Sihanouk gli aveva garantito il perdono. Sampan e Thirith perché affermano che nella loro posizione non erano in grado di capire bene che cosa stesse accadendo. Nuon Chea si difende con il teorema secondo cui non si possono giustificare quegli avvenimenti estrapolandoli dal contesto storico: i bombardamenti americani, le minacce vietnamite. L’uomo denominato “Fratello Numero 2” sostiene: “Io perseguivo il sogno di una società agraria egualitaria. E’ l’Impero che dovrebbe essere sul banco degli accusati, non io”. Inseguendo quel sogno anche Sary aveva ammesso, seppure in segreto, che i khmer rossi volevano ridurre la popolazione cambogiana da 7 milioni a 1, così si sarebbe ottenuto l’equilibrio perfetto. Era la tesi elaborata anni prima di Khieu Sampan. Quel sogno si materializzò nel progetto di Saloth Sar, noto come Pol Pot, il “Fratello numero 1” dei khmer rossi: un ibrido estremo di marxismo, maoismo, ultranazionalismo arcaico. “I diritti individuali non furono sacrificati per il bene collettivo, ma furono aboliti in quanto tali. Ogni espressione dell’individualità umana fu condannata in sé e per sé. La coscienza individuale venne sistematicamente demolita” scrive Philip Short nel saggio Pol Pot.
Le udienze preliminari si sono svolte la settimana scorsa, ma il processo entrerà nel vivo solo tra qualche mese e potrebbe protrarsi per anni: le parti civili sono quasi 4000, gli atti processuali assommano a oltre 450.000 pagine. In questo caso la vecchiaia è un vantaggio: non assolve, ma può evitare la condanna o lo scontare della pena.
Forse chi riuscirà a scontare la pena e avrà ancora tempo da vivere libero è l’imputato del primo processo della Corte Straordinaria Cambogiana, concluso lo scorso anno. E’ Kaing Guek Eav, 68 anni, noto come “Compagno Duch”, prima segretario e poi direttore del Tuol Sleng, prigione e centro d’interrogatori dell’S21, il servizio di sicurezza dell’Angka. Vi sono passate dodicimilatrecentoottanta persone. Ne sono sopravvissute 15. Duch è stato condannato a 35 anni, poi ridotti a 19.
Lui, l’ho visto di persona durante il processo. L’ho osservato per scoprire se manifestasse i segni di quella giallezza morale che è il segno del male. Senza riuscirci, se non nell’immaginazione. Ora continuo a guardare le foto e le riprese di quei quattro vecchi. Alla fine non mi appaiono così brutti, non mi trasmettono vibrazioni maligne. Ma comincio a capire il senso di quella che Hannah Arendt definì "la banalità del male". Fu la filosofa tedesca a teorizzare che il male compiuto in nome della politica non è un mezzo per raggiungere uno scopo. E’ esso stesso lo scopo. Non ci sono leggi della storia o della natura che lo possano giustificare. Si autoalimenta come un cancro. E’ la migliore risposta, se ci fosse bisogno di risposte, alla “difesa” di Nuon Chea.
“I regimi totalitari hanno scoperto, senza saperlo, che ci sono crimini che gli uomini non possono né punire né perdonare. Quando l'impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile" ha scritto la Arendt ne “Le origini del totalitarismo”. Attenzione: impunibile non significa che non dev’essere punito. Bensì che non c’è punizione che valga.

Un video del Cambodia Tribunal Monitor. Presenta le reazioni dei cittadini alla proposta di rilasciare gli imputati in attesa di giudizio. Guardarlo: è un esercizio sulla natura umana. All’inizio potete vedere quei vecchi e giudicare voi. Si osservano altri segni del male, dell’indifferenza o della stupidità. E c’è anche un bel vecchio che, mi sembra, interpreta il Bene.

Cambodian Citizens React to ECCC Hearing on Application for Release of Indicted Khmer Rouge Officials from Cambodia Tribunal Monitor on Vimeo.


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