Un monaco pericoloso

«Se cediamo alla rabbia l’energia negativa continuerà a espandersi. E allora non ci saranno più nemici, solo vittime». E’ un insegnamento di Thich Nhat Hanh, monaco e poeta vietnamita, esule da oltre quarant’anni.
Ancora una volta le vittime sono stati i discepoli di Thây, Maestro, come lo chiamano. Il monastero di Bat Nha, nel Vietnam centrale, dove vivono i monaci e le monache che s’ispirano al suo insegnamento, è stato devastato. Secondo le autorità locali si è trattato di “un affare interno tra sette buddhiste”. Per molti, invece, l’irruzione era pilotata dall’alto.
Thich Nhat Hanh, uno dei maggiori esponenti della tradizione Zen contemporanea, nato in Vietnam nel 1926, a sedici anni diviene monaco buddhista, ma ben presto si allontana dalla pratica tradizionale per seguire quella del “Buddhismo impegnato”. Inizia una lotta personale alla povertà, all’analfabetismo, alle ingiustizie sociali. Con l’escalation del conflitto diviene uno dei più importanti attivisti per la pace: nel 1964 crea la “Scuola della gioventù per i servizi sociali” e lavora nei villaggi della DMZ, la zona smilitarizzata tra Vietnam del Nord e del Sud che, nonostante il nome, fu teatro di numerose e violente battaglie. Intanto continua a spostarsi tra Stati Uniti, Francia e Singapore, rispettivamente per sostenere i movimenti pacifisti, come capo della delegazione buddhista ai colloqui di Parigi, per implorare Lee Kuan Yew, il signore della città stato, di dare asilo ai profughi. Nel 1966, dopo un’ennesima missione, gli è negato l’ingresso in patria e a nulla vale la candidatura al premio Nobel per la pace sostenuta da Martin Luther King nel 1967. Da allora vagabonda esule, finché, nel 1982, fonda un monastero buddhista in Francia. Nel 2005 il governo vietnamita lo invita a tornare per una serie di conferenze. «A quel tempo il governo voleva dimostrare la sua apertura alla libertà di culto. Era in gioco l’ammissione al WTO (l’organizzazione mondiale per il commercio) » spiega Giang Nguyen, capo della stazione vietnamita della BBC.
Ormai lo scopo è raggiunto, quindi sono riprese le critiche verso Thich Nhat Hanh e i suoi monaci, accusati di “approccio scorretto nei confronti della politica dello stato vietnamita”
L’approccio scorretto si basa sulla “presenza mentale”. «E’ la piena consapevolezza di sé, di ogni respiro, di ogni movimento, di ogni pensiero e sensazione, di tutto quanto ci riguarda» spiega Thây. «Dovete essere del tutto presenti per ottenere una diversa percezione della vita. Dovete essere come giardinieri che coltivano il giardino di casa: coltivare le emozioni, abbracciare le emozioni. Riprendere contatto anche con la vostra paura e la vostra rabbia, se volete superarle». E’ vero: è una pratica pericolosa.

Qualche minuto di presenza mentale

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