Pirati d'oggi

“La pirateria moderna non ha nulla in comune con i pirati dei film o dei romanzi d’avventure…”. Da qui si sviluppa il saggio Piracy Today di John C. Payne, “marinaio” che per trentacinque anni è stato imbarcato su navi mercantili e piattaforme petrolifere offshore e che ha vissuto di persona anche un attacco di pirati. Il saggio è un’analisi approfondita del fenomeno: la storia, gli sviluppi, le politiche che la provocano e i mezzi che possono controllarlo, una rappresentazione dettagliata degli scenari contemporanei, delle acque che un tempo si dicevano battute e oggi, molto meno romanticamente, infestate dai pirati. In questo contesto, scrive Payne “la pirateria ha lo stesso andamento della marea. È fluida, scorre da un luogo all’altro là dove i problemi e i disordini politici, sociali ed economici sfociano nel caos creando le condizioni che l’alimentano”.
In questo momento le acque più pericolose, come si verifica dalla cronaca quotidiana, sono quelle del Corno d’Africa, al largo della Somalia. Ma ancora, come dimostrano i rapporti del
Piracy Reporting Centre, il sud-est asiatico mantiene viva la sua antica tradizione piratesca. In questi Bassifondi, che delle storie di quell’area si alimentano, quindi, ecco, per concessione dell’editore Sheridan House, un ampio estratto del libro dedicato alla pirateria in Asia. Interessante non solo dal punto di vista dell’attualità ma anche come ulteriore chiave di comprensione storica e culturale delle vicende locali.

E’ con questi brani (per concessione della Sheridan House Inc.) che apriamo una nuova sezione di Bassifondi, quella delle “Storie”, dedicata a racconti e reportage.

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Prima della diffusione della pirateria nelle acque somale e del Golfo di Aden, la pirateria in Asia era da lunghissimo tempo un problema molto grave. Le acque più calde erano quelle degli Stretti di Malacca, al largo dell’Indonesia e del Mar Cinese Meridionale. Gli Stretti di Malacca sono una sottile via d’acqua lunga circa 900 chilometri che è la rotta più trafficata del mondo, collegando l’Europa alle più importanti nazioni esportatrici dell’Asia: Giappone, Cina, Hong Kong, Taiwan, India, Korea. Senza contare le altre economie emergenti dell’area. Ogni anno la seguono circa 50.000 navi. Più o meno 600 al giorno. Per gli Stretti passa il 25 per cento del commercio mondiale e quasi metà del petrolio, circa undici milioni di barili il giorno.
Le migliaia di isole di quelle acque, come gli estuari dei fiumi che vi sfociano, sono il nascondiglio ideale per pirati.
Un tempo gli Stretti di Malacca erano la base dei terribili pirati Bugi, provenienti dal sud dell’isola di Sulawesi. La parola “bogeyman” (mostro, “l’uomo nero” delle favole) deriva proprio da Bugisman (uomo Bugi). Ecco perché le mogli dei coloni inglesi a Singapore, quando volevano far star buoni i figli capricciosi dicendo: “Fai il bravo oppure il bogeyman verrà a prenderti!”.
In quella stessa area operavano anche altri pirati, come gli orang laut di origine malese o i Dayaki del mare provenienti dal Borneo.
Nel luglio del 2009 un cacciatore di tesori sommersi tedesco recuperò un bottino del valore di 12 milioni di dollari dal relitto del Forbes, una nave pirata affondata al largo del Borneo nel 1806. Il carico comprendeva una tonnellata e mezzo di monete d’argento, porcellane, gioielli e molti altri preziosi.
La pirateria negli Stretti di Malacca ha creato parecchia preoccupazione. Il che non sorprende, data la vitale importanza di quelle acque. In anni recenti, quando gli attacchi si intensificarono, i governi di Singapore, Malaysia e Indonesia reagirono con decisione, inviando navi da guerra e aerei per pattugliare l’area e dissuadere con forza ogni attacco. La Thailandia, a sua volta, assicurò la copertura del settore nord degli Stretti sino al Mar delle Andamane. L’operazione coordinata tra mezzi navali e aerei ridusse significativamente il numero degli attacchi pirati, specie al largo di Aceh, in Indonesia. Lo Tsunami che devastò l’area nel dicembre 2004 ridusse ulteriormente gli attacchi, mietendo vittime anche tra molti pirati e distruggendo le loro barche.
Le acque attorno alle Filippine nel Mar della Cina Meridionale sono sempre state un santuario per i pirati. Ma anche qui un’azione coordinata di navi e aerei ha drasticamente ridotto gli attacchi…
Le aree asiatiche più famigerate sono i porti, le isole e le rade d’ancoraggio in Indonesia, India e Vietnam. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, tra il 1980 e il 1985, i pirati hanno stuprato 2283 donne e rapito 592 persone, facendo preda dei boat people vietnamiti, che in quegli anni fuggivano via mare dal paese dirigendosi a sud.
Nel 2005 i Lloyd’s di Londra inserirono gli Stretti di Malacca nella lista delle zone a maggior rischio di pirateria, elevando l’ammontare dei premi assicurativi all’un per cento del valore di ogni cargo che vi transitava. Una mossa che ovviamente diede molto fastidio alle compagnie di navigazione. Nel 2006, in seguito all’aumento degli attacchi pirati, sia negli Stretti di Malacca sia attorno alla vicina isola di Sumatra, furono intensificate anche le operazioni di pattugliamento navale. La situazione era aggravata dal fatto che i pirati avevano elaborato tecniche più sofisticate e si erano armati con fucili d’assalto e di lanciagranate tipo RPG.
Il punto di svolta si avverte nell’agosto 2006, che segna un netto decremento degli attacchi pirati, tanto che i Lloyd’s rimuovono la regione dalla categoria assicurativa di rischio-guerra…
Nella regione si teme però che l’attività dei pirati possa riprendere in seguito alla crisi economica globale, com’era accaduto nel 1997 dopo la crisi delle borse asiatiche, quando i pirati avevano infestato gli Stretti. E’ per questo che i governi di Indonesia, Thailandia e Singapore hanno deciso di continuare l’azione congiunta di pattugliamento.
Alla fine del giugno 2009 la situazione ha preso una piega diversa. Mentre la maggior parte degli incidenti si è verificata mentre le navi erano all’ancora, c’è stato solo un leggero incremento in attacchi compiuti mentre le navi erano in navigazione lungo gli Stretti o nel Mar della Cina Meridionale. Mentre prima il bottino era costituito soprattutto da denaro in contante o oggetti personali di qualche valore, negli ultimi attacchi si è puntato soprattutto al carico e alle attrezzature di bordo. Sono aumentati anche gli attacchi compiuti a bordo di rimorchiatori, soprattutto in acque vietnamite, specie nella rada di Ho Chi Minh City e Vung Tau. E’ aumentato anche il livello di violenza e sono stati presi ostaggi.

From Piracy Today: Fighting Villainy on the High Seas by John C. Payne. Copyright © 2010 by John C. Payne. Reprinted with permission of Sheridan House, Inc.