Il Grandissimo Gioco

Il nuovo scenario del Grande Gioco, in versione molto più ampia e complessa, è il Mar della Cina. Il termine Grande Gioco – tornato in auge con un saggio di Peter Hopkirk – definisce lo strisciante conflitto, caratterizzato soprattutto dall'attività delle diplomazie e dei servizi segreti, che contrappose Gran Bretagna e Russia in Asia Centrale nel corso del XIX secolo.
Quello attuale ha una dimensione immensamente più ampia: 3.5 milioni di chilometri quadrati d’oceano, che molti analisti hanno già definito il teatro, reale o virtuale, della terza guerra mondiale. I giocatori principali sono Cina e Stati Uniti, con la partecipazione, in vario grado e forma, di Vietnam, Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore e Brunei, nonché di Giappone, Taiwan e Corea. La posta è il controllo strategico dell’area, delle sue risorse minerarie, delle sue vie di comunicazione. Quelle acque sono intersecate dalle cosiddette Sea Lines of Communication, le linee marittime di comunicazione da cui Pechino dipende per i rifornimenti di greggio e materie prime dall’Africa e dal Medio Oriente.
Per complessità del problema e il numero di partecipanti, in effetti, più che di Grande Gioco bisognerebbe usare la definizione che gli davano i Russi: il Torneo delle Ombre.
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Su questo scenario si sono sviluppate trame d’ogni genere, reportage, cronache, romanzi, saggi, trattati di strategia. Uno degli ultimi è Red Star over the Pacific: China’s Rise and the Challenge to US Maritime Strategy, di James Holmes e Toshi Yoshihara.
Ma uno dei documenti più interessanti, anche nella sua apparente semplicità, è l’articolo pubblicato sulla US Naval War College Review da Andrew Erickson, Abraham Denmark e Gabriel Collins: Beijing’s ‘Starter Carrier’ and Future Steps: Alternatives and Implications.

Ne pubblichiamo una prima parte (compresa la mappa in questo post) per gentile concessione di Andrew Erickson, che lo ha originariamente pubblicato sul suo sito.
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"Alle 05.40 ora locale di mercoledì 10 agosto 2011, più di ottant’anni dopo che l'idea originaria era stata avanzata, la prima portaerei cinese, nascosta dalla nebbia e sotto stretta sorveglianza, è salpata da un molo di Dalian, nel porto di Xianglujiao, nella provincia nordoccidentale di Liaoning, per iniziare le prove in mare nel golfo di Bohai e nel Mar Giallo.
Questa è stata un’altra occasione per la Cina di celebrare la sua ascesa come grande potenza. Dal giorno del varo la nazione arde d’orgoglio patriottico per l’obiettivo raggiunto. Il Maggior Generale Luo Yuan, vice segretario generale della Società Cinese di Scienze Militari, ha dichiarato: “Chi ben comincia è a metà dell’opera… Il senso di avere qualcosa è completamente diverso da quello di avere nulla".
Sono già in fase avanzata i piani per celebrare questa nuova era di potenza marittima cinese e ricavarne anche profitto. Tianjin, una delle quattro municipalità della regione, prevede l'apertura del primo hotel-portaerei cinese, ricavato dalla Kiev, un tempo punta della flotta sovietica del Pacifico e ora al centro dell’
Aircraft Carrier Tianjin Binhai Theme Park. Un’ammiraglia cinese del calibro della Kiev è ancora da venire, ma Pechino ha fatto il primo passo e sta già godendo i frutti del nuovo potere, in patria e fuori. Prima che gli strateghi stranieri comincino ad andare in affanno su “l’inizio della fine”, tuttavia, è necessario prendere fiato.
La crociera inaugurale della prima portaerei cinese è iniziata dopo sei anni di lavori ed è durata solo quattro giorni. La nave – acquistata dall’Ucraina ancora incompleta nel 1998 – è di utilità militare molto limitata. Serve soprattutto a conferire prestigio a una nascente superpotenza, aiuta i cinesi ad approfondire le tattiche base della forza aeronavale e proietta un’immagine di potenza militare forse e soprattutto contro i più piccoli vicini alla periferia del Mar Cinese Meridionale. Questo non è l'inizio della fine, è la fine dell'inizio.
Per realizzare le sue ambizioni future, la Cina ha dovuto cominciare da qualche parte. Verso la fine del 2010 è venuto a mancare l'ammiraglio Liu Huaqing, padre della moderna marina militare cinese. Liu aveva cercato di sviluppare la marina, da iniziale forza da "acque verdi" costiere, a una successiva, possibile marina da “acque blu”, in grado di estendere il raggio d’azione regionalmente se non globalmente. Liu aveva precisato che lui non era la versione cinese di
Alfred Thayer Mahan, ma il suo concetto di "difesa dei mari vicini" era piuttosto paragonabile alla visione di Mahan sulle necessità strategiche della marina statunitense (ad esempio, il controllo del Golfo del Messico, i Caraibi, Panama e le Hawaii). La chiave per la realizzazione del progetto di Liu era una portaerei. Si ricorda ciò che disse nel 1987: «Anche dopo morto i miei occhi si chiuderanno solo dopo aver visto una portaerei cinese». Ora l’Ammiraglio Liu può chiudere gli occhi.
In gran parte della regione Asia-Pacifico, come tra gli analisti di strategie asiatiche negli Stati Uniti, si è acceso il dibattito sulle implicazioni dello sviluppo di portaerei cinesi.
L'ammiraglio Robert Willard, a capo dell’U.S. Pacific Command, nell’aprile 2011 ha dichiarato di non essere “preoccupato" che la prima portaerei cinese prendesse il mare, ma ha ammesso che “in base alle reazioni dai nostri partner e alleati nel Pacifico, ritengo che il cambiamento nella percezione da parte loro sarà significativo"
Il generale di brigata australiano John Frewen sostiene che "le non intenzionali conseguenze delle portaerei cinesi rappresentano la maggiore minaccia per l'armonia regionale nei prossimi decenni".
L’ex direttore dell’Intelligence militare del ministero della difesa giapponese Japan Defense Agency, l’Ammiraglio in pensione Fumio Ota, afferma che "I dibattiti sulla prima portaerei cinese. . . segnano l'inizio di un’ importante transizione nella strategia navale…Le portaerei forniranno a Pechino enorme potenzialità e flessibilità. Una portaerei cinese potrebbe rappresentare una seria minaccia all’integrità territoriale del Giappone…La nuova portaerei cinese aumenta le sua possibilità tattiche e le sue opportunità di ampliare il raggio d’azione strategico. Altri paesi della regione dovrebbero essere preoccupati".
Eppure, mentre nella regione Asia-Pacifico si dibattono molto le implicazioni della portaerei cinese, dovrebbe essere poco sorprendente che una portaerei cinese sia finalmente riuscita a salpare. Ciò che è più sorprendente riguardo il programma di una portaerei cinese, infatti, è che ci abbia messo tanto tempo a realizzarsi.
Dato che le voci su una portaerei circolavano nella comunità strategica cinese da decenni, avrebbe dovuto essere chiaro in tutta la regione che prima o poi si sarebbero avverate.


Aggiornamento post lettura: pochi giorni fa il Presidente cinese Hu Jintao ha comunicato che il personale della marina cinese deve “intensificare i preparativi per azioni di guerra”. In altre traduzioni la parola “guerra” è sostituita da “combattimenti” o “impegni militari”. Diretti contro chiunque minacci la sovranità nazionale sul Mar della Cina.
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