Se una notte d'inverno un viaggiatore...

...“Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto…”. Così inizia il primo degli incipit dei racconti che compongono il romanzo di Italo Calvino. Un libro sui casi, le coincidenze, le connessioni mentali…
Ne parlo a Singapore con Yeng Pway Ngon, scrittore, poeta, pittore, libraio, intellettuale, libero pensatore dalla vita difficile. In Italia è appena uscito il suo ultimo libro, L’Atelier.
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Un romanzo di storie incrociate, “sull’amore, sull’arte. La vita” dice Yeng. Non ricorda Calvino, ma, come lui, anche Yeng sembra voler risalire il corso del tempo per cancellare le conseguenze di certi avvenimenti e restaurare una condizione iniziale.
E così la storia raccontata e la vita stessa di Yeng divengono metafore di Singapore, su quel filo di rasoio che separa l’Utopia dalla Distopia. Un tema che è stato al centro del recente Writers Festival.
«Il sistema si è stabilizzato» dice Yeng. Il che significa che il controllo può essere allentato, anche culturalmente. Il problema, secondo questo autore che si definisce “esistenzialista” è che se ciò accade è perché il sistema ha ormai raggiunto il suo scopo: l’assimilazione mentale a un modello di pensiero prestabilito. I singaporean, ormai, sono definitivamente “kiasu”: “temono la perdita”. E non è la libertà in gioco. «Una volta i libri di Mao erano proibiti. Adesso si possono vendere, ma nessuno li compera» dice.
Mentre parliamo s’infervora, passa da un inglese stentato al cantonese (subito tradotto dalla sempre sorridente Goh Beng Choo, sua moglie da 36 anni). Quello che lo irrita è il conformismo culturale determinato dalla perdita di cultura. A cominciare proprio dalla lingua. Il cinese, il suo cinese (scrive in mandarino intercalato a vari dialetti) è ormai una lingua “economica”. Si parla ma non si sa scrivere, non si conoscono i caratteri. Conveniamo che l’analfabetismo di ritorno è un problema globale. Anzi è la vera conseguenza di una globalizzazione di valori e idee. Stiamo diventando tutti un po’ kiasu.
«Ci vuole coraggio. Coraggio morale» dice Yeng.
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Se una notte d’inverno – e, ricordiamolo, per Singapore adesso è inverno – il mondo è cambiato, appaiono altre visioni che sembrano contraddire la denuncia di Yeng. Sono quelle di “If The World Changed” tema-titolo della Biennale d’Arte. Nei musei, nelle università nelle gallerie della città-stato sono allestite mostre collettive e personali di autori del sud-est asiatico. L’idea è di definire la regione come un corridoio fluido d’idee. Personalmente è l’occasione di scoprire anche alcuni Maestri che non conoscevo, come Wu Guanzhong, uno dei più grandi pittori cinesi contemporanei, o Hong Zhu An.
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Il confronto con alcuni giovani sperimentatori è impietoso. Come sempre, in occasioni del genere, sembra materializzarsi la caverna di Platone in cui molti non riescono a distinguere le ombre dalla realtà, l’opinione autoindotta dalla conoscenza. Ma proprio quest’idea della Caverna, di una conoscenza fluida e sfumata ha generato alcune delle opere-installazioni più interessanti. Come l’installazione digitale interattiva del teamLab giapponese o le immagini digitali del vietnamita Nguyen Trinh Thi, che presenta scene “viventi” di donne e uomini di Hanoi.







Se una notte d’inverno - ed è inverno anche in Thailandia - osservi Bangkok, “il meglio che ci si può aspettare è di evitare il peggio”. Perché il viaggiatore è passato dalla utopia-distropia di Singapore, al caos di una metropoli che proprio in questo ha il suo fascino.
Come nel libro di Calvino le storie s’intersecano. Quello che sta accadendo a Bangkok, le ennesime manifestazioni antigovernative - anche se adesso è al governo il partito di chi manifestava e manifesta chi era al governo – che potrebbero portare all’ennesimo colpo di stato, è qualcosa che riconduce al dialogo con Yeng Pway Ngon su controllo e democrazia. Solo che qui il sistema non si è stabilizzato, è divenuto disfunzionale: un controllo senza democrazia o una democrazia incontrollabile.
In quest’intreccio di paradossi e ossimori, l’opposizione, che condanna la “tirannia della maggioranza” e sottintende una filosofia politica di democrazia limitata o illuminata (un po’ quella materializzata a Singapore) e sembra auspicare un colpo di stato militare, ha preso come simbolo, uno dei tanti nella kermesse delle manifestazioni thai, la maschera di V per Vendetta, l’eroe che si oppone a una società totalitaria e militarizzata.

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Sono tentato di farla mia, quella maschera. V per Viaggiatore.
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Spie, spettri e storie

E’ morto Gérard de Villiers, “L’autore di romanzi di spionaggio che sapeva troppo”. E’ un personaggio che, in un modo o nell’altro, è stato un mio compagno di strada in molte parti del mondo. A lui, e a un altro vecchio amico, dedico una breve storia che può trovar spazio solo QUI, nei Bassifondi.
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