Peripli Segreti

Il periplo è la circumnavigazione di un’isola, un continente, una penisola. Era una tattica d’attacco che consisteva nell'aggirare la nave nemica per speronarla sulla fiancata. Il periplo è una navigazione mentale attraverso le storie che salpano e approdano nei porti. “Peripli segreti” è una mostra dedicata a Hugo Pratt nel museo di Cherbourg, in Normandia. Come nelle storie di Corto Maltese, girovagando in quel porto se ne scoprono altre. Alla ricerca delle immagini da Café de la Marine descritte da Simenon nel romanzo “La Marie del Porto”, appaiono le scene ultramoderne della Cité de la Mer, centro culturale dedicato all’uomo e il mare. Vedette dell’esposizione è il Redoutable, il primo sottomarino nucleare lanciamissili francese.
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Dal bacino dov’è esposto, a sua volta, si osserva l’arsenale da dove lo scorso gennaio è sceso in acqua il Terrible, sottomarino di ultima generazione, punta della forza strategica francese. Alla Cité de la Mer c’è anche una sala dedicata alla società di ricerche e ingegneria subacquea Comex e al suo fondatore Henry Delauze, uomo che sembra un personaggio di Pratt e che negli ultimi anni si dedica alla ricerca di relitti. Storie e uomini che restano nei pensieri nel periplo dell’estrema costa normanna, in uno scenario di scogliere, fari, brume e maree, dove dalle ombre tra le rocce potrebbe palesarsi una delle Morgane del Maestro di Malamocco. E’ con questi pensieri che mi avvio all’appuntamento con un altro cacciatore di tesori, in partenza per un altro periplo segreto.
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Uno scrittore come un marinaio
Segue il tempo dell’ancora.
Quando il marinaio cala l’ancora
È la fine del viaggio
Ma per lo scrittore
È l’inizio di un’avventura.

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Palermo sul Pacifico

La guerra al crimine globale può essere vinta solo con il Palermo Protocol.
La connessione tra mafie mondiali e la città siciliana può suonare fastidiosa. Ma questa volta è positiva: si riferisce alla “Convention against Transnational Organised Crime”, siglata a Palermo nel 2000 e finalizzata a elaborare una strategia globale contro il crimine organizzato.
Nonostante sia stato firmato da 147 paesi, in molte zone del mondo il Palermo Protocol non viene messo in pratica. La situazione è stata analizzata in un recente rapporto dell’United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) focalizzato sull’area Asia-Pacifico: “Palermo on the Pacific Rim: Organised Crime Offences in the Asia Pacific Region”. In quest’area I profitti generati dal traffico di droghe, di armi, di esseri umani, di immigrati clandestini, di fauna, flora e risorse naturali, di opere d’arte e antichità, di veicoli rubati e dall’usura, il gioco d’azzardo e la prostituzione, superano il prodotto interno lordo di molte nazioni. Forte di un bilancio di miliardi di dollari, avverte il rapporto dell’UNODC, intrecciato alla corruzione, al riciclaggio di denaro, all’estorsione, il crimine organizzato è in grado di minacciare e i minare i governi locali, influenzare le politiche nazionali, mettere a rischio i diritti umani basilari.
Per l’ennesima volta dovremmo riflettere sui reali problemi della globalizzazione. Troppo spesso l’analizziamo come fenomeno monodirezionale che dall’Occidente “contagia” il resto del mondo. E non ci accorgiamo che il resto del mondo, spesso fuori controllo, sta esportando un nuovo modello: quello degli economic gangsters.

Per il download del rapporto clicca qui.
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Bad Boys

Sono tutti cattivi: ex tagliatori di teste o ex guerriglieri comunisti, signori della guerra e dell’oppio, trafficanti di eroina e metanfetamine, criminali delle Triadi cinesi e generali birmani. Sono i protagonisti della storia che si sta svolgendo nel settore birmano del Triangolo d’Oro e negli Stati Shan, al confine con la Cina. Una storia appena iniziata e che potrebbe trasformarsi nel detonatore di una crisi in tutta l’area.
Negli ultimi mesi il governo etnocratico birmano sta cercando di consolidare il proprio potere attaccando le minoranze più organizzate. E’ toccato prima ai Karen (perenni vittime sacrificali) e poi ai Kokang, di etnia cinese. I prossimi dovrebbero essere gli ex tagliatori di teste Wa, che controllano il traffico di metanfetamine in sud-est asiatico. E allora, come ha detto un osservatore locale, “si rischierebbe di aprire il vaso di Pandora”. Perché i Wa dispongono di un esercito di 25.000 uomini molto ben armati. Secondo la Jane’s Intelligence Review, la United Wa State Army (UWSA) ha acquistato un completo arsenale di ultima generazione prodotto in Cina. Ciò significha che il governo di Pechino non gradisce troppo un rafforzamento del regime birmano ai suoi confini. Senza contare che sino agli anni Ottanta sono stati i cinesi a sostenere e armare molti eserciti “etnici” sotto l’ombrello del partito comunista birmano. Una volta esaurita la spinta ideologica si sono convertiti al traffico di droga.

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Una parata dell’UWSA

I generali della giunta birmana, dal canto loro, sanno perfettamente che l’unico modo per mantenere il potere a lungo termine è di eliminare ogni spinta centrifuga e forse contano sul fatto che i cinesi siano disposti a sacrificare qualche decina di migliaia di “indigeni” pur di tenersi aperta la via per l’Oceano Indiano. Lo dimostra la tiepida reazione all’attacco contro i Kokang. Altra variabile di questo scenario è rappresentata dagli stessi Wa, che potrebbero cedere il controllo sul territorio pur di mantenere quello sul traffico di droga, i cui proventi sono investiti anche in Birmania (comprese molte strutture turistiche). Oppure potrebbero rinsaldare la fresca alleanza con gli Shan, loro storici nemici per il controllo dell’oppio.
Secondo alcuni osservatori, infine, i generali birmani vogliono affermare la loro “indipendenza” dalla Cina. Lo proverebbe il fatto che il Myanmar Times, settimanale che è la voce in lingua inglese del governo, abbia dato notizia della visita del Dalai Lama a Taiwan. In questa prospettiva i militari sarebbero in cerca di nuovi alleati. C’è chi fa il nome di Mahinda Rajapaksa, presidente dello Sri Lanka: il suo primo viaggio all’estero dopo la sconfitta delle Tigri Tamil è stata in Birmania e sembra che il generale Than Shwe, numero uno della giunta, abbia trovato illuminanti le sue idee circa la lotta alle minoranze.
Altri fanno notare l’entusiastica accoglienza che la giunta ha riservato al senatore americano Jim Webb, cui sembra rispondere una certa disponibilità dell’amministrazione Obama. Ma una ripresa delle relazioni con gli USA potrebbe avvenire solo nel caso la giunta proseguisse nella sua road map verso la democrazia (per quanto controllata). E questa può realizzarsi col pieno controllo del territorio.
Per i cattivi l’unica regola è che non ci sono regole.
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